INCONTRO CON PAPA LEONE XIV
Assemblea Generale USG
26/11/2025
RISPOSTE DEL SANTO PADRE ALLE DOMANDE DEI SUPERIORI DELLA USG
1. Santo Padre, quale contributo essenziale si aspetta oggi dalla vita consacrata per la missione della Chiesa?
Papa Leone XIV
Ne ho parlato al punto due del mio discorso. Vorrei sottolineare due aspetti che ritengo non
solo essenziali, ma che il mondo sta cercando e di cui ha bisogno oggi. Il primo aspetto è quello
della nostra consacrazione di religiosi chiamati a testimoniare la presenza di Dio nel mondo, a
essere messaggeri di una vita spirituale che invita le persone a guardare oltre l'immediato in
un mondo in cui molti di voi lavorano, un mondo che è diventato così secolarizzato e che
sembra avere difficoltà a stabilire una connessione e a riscoprire la dimensione spirituale della
propria vita, nonostante senta quel bisogno. Ciò è particolarmente evidente nei giovani, ma
anche in tante altre persone. E penso che la testimonianza della vita consacrata abbia molto
da offrire alla Chiesa e al mondo.
L'altro punto è l'importanza, nel mezzo delle sfide di questo mondo tecnologico digitale in cui viviamo, delle relazioni umane, dello stare insieme, non attraverso uno schermo, ma di persona, e di quanto siano importanti le relazioni personali per lo sviluppo della vita umana. Questo naturalmente rientra nella cultura e nell'educazione e nella dimensione spirituale di che costituiscono parte di ciò che siamo come esseri umani. Penso che proprio i membri delle famiglie di vita consacrata siano chiamati a vivere la testimonianza della vita comunitaria che può offrire un grande servizio al mondo attraverso il nostro vivere fedelmente in quella dimensione.
2. Santo Padre, come possiamo vivere pienamente la sinodalità e la collegialità nella Chiesa, valorizzando la diversità culturale e aggiornando le nostre relazioni con i vescovi?
Papa Leone XIV
Comincerò dall'ultimo punto. Dovrebbe essere la risposta più facile, ma forse per alcuni di voi
è la più difficile da mettere in pratica. Vivere la sinodalità con i vescovi. Come sapete, uno dei
gruppi di studio che si è formato dopo il sinodo sulla sinodalità 2023-2024 è proprio dedicato
alle Mutue Relationes. È nato dall'idea che fosse necessario redigere un nuovo documento. In
realtà, con il tempo, si è sviluppata la consapevolezza che dobbiamo sviluppare un nuovo
modo di relazionarci all'interno della Chiesa, tra la vita consacrata e la gerarchia, con i vescovi,
lavorando non separatamente gli uni dagli altri, ma insieme, in autentica armonia e
comunione.
Nonostante le differenze che possono esistere, possiamo davvero unirci per servire tutto il popolo di Dio. Non c'è bisogno di raccontare storie su come non funziona. Sarebbe meglio raccontare storie di come funziona e perché è importante. E a questo livello penso che la sinodalità, sia come atteggiamento che, come strumento, potrebbe aiutare a riunire noi vescovi, i membri della vita consacrata e i laici, per parlare tra noi, ascoltarci a vicenda e cercare insieme ciò che è meglio per la Chiesa attraverso i doni che sono stati dati a ogni persona e a ogni comunità. La testimonianza della vita consacrata, grazie alla tradizione che la maggior parte delle nostre congregazioni e ordini hanno avuto per tanti anni e persino secoli, è molto importante. Ad esempio, i capitoli, il vivere la dimensione del dialogo e della comprensione e cercare insieme soluzioni alle sfide che ci stanno davanti. Penso che sia un meraviglioso esempio di sinodalità. Può anche essere utile alla Chiesa in qualche modo riunire questi diversi elementi. Come uomini consacrati e insieme alle donne consacrate nella Chiesa in cui viviamo, penso che offriremo un grande servizio, sia alla Chiesa universale che alla Chiesa locale.
3. Quali orientamenti potete darci per la formazione dei giovani religiosi e per rafforzare la vita comunitaria di fronte alle sfide attuali?
Papa Leone XIV
Penso che questa sia una questione molto importante per diversi motivi, specialmente in
quelle parti del mondo in cui le nostre comunità hanno difficoltà a trovare vocazioni. In alcune
delle vostre comunità, monasteri, province, regioni, potreste trovarvi in una situazione in cui
avete solo uno studente in formazione, forse due. In tal caso, creare un ambiente e una cultura
della formazione è una vera sfida, quando non si hanno gli elementi di base necessari per
creare l'ambiente adatto a formare un nuovo membro alla vita comunitaria e consacrata. Così,
a volte finiamo per formare all'individualismo perché forse c'è un solo candidato. E quindi la
grande sfida per la formazione è dare maggiore enfasi alla partecipazione alle esperienze di
formazione inter-congregazionale e nell'avere un maggior numero di incontri con altri membri
della congregazione o dell'ordine. Potrebbero non essere persone in formazione, ma ad
esempio i membri più giovani di una comunità o della congregazione che potrebbero essere
il sostegno più vicino e positivo a coloro che sono in formazione.
Un'altra questione importante è che ancora oggi ci sono gruppi che non prestano attenzione
alle numerose linee guida che sono state fornite sull'accoglienza delle persone in formazione
che sono state mandate via da altre case di formazione o altri seminari. Il Dicastero per il clero
che si occupa della vita consacrata vede tutti i problemi che ci sono perché le persone hanno
iniziato con il piede sbagliato. È meraviglioso che qualcuno dica di avere una vocazione. Ma
parte del nostro ruolo è il discernimento. E quel discernimento per il bene della Chiesa
significa che non possiamo accettare tutti quelli che bussano alla porta. Dobbiamo essere
molto seri al riguardo. Spesso questo primo passo è stato ignorato.
Un altro aspetto che vorrei menzionare in modo specifico è quello che definirei formazione
nella libertà. Una vera formazione, una formazione sana, deve accompagnare i giovani
candidati che vengono da noi, affinché diventino prima di tutto esseri umani sani. Ci sono una
serie di movimenti moderni che, con il pretesto di essere tradizionali o conservatori, accolgono
i giovani e li obbligano a conformarsi a un modello, dicendo loro che, se faranno così saranno
dei buoni candidati. A volte ripetiamo gli stessi errori commessi molti anni fa, e questi tornano
a perseguitarci. Invece di sviluppare prima di tutto l'essere umano e aiutarli a comprendere
cosa sia la libertà umana, a volte formiamo i giovani in una situazione in cui li non rispettiamo
la loro coscienza, li priviamo della loro libertà, li facciamo sentire in colpa se dicono: “non
credo di avere una vocazione”. A volte imponiamo ai giovani obblighi che non sono salutari.
La nostra formazione, specialmente nelle prime fasi, deve davvero mirare a formare le persone
affinché diventino veri esseri umani, attraverso i doni che Dio ha loro dato e vedere come il
Signore li chiama attraverso quei doni, non attraverso lo stampo in cui li costringiamo a
inserirsi. Ci sono delle vere sfide in questo. Sono sicuro che molti di voi sono stati formatori e
lo capiscono, ma ancora una volta penso che al giorno d'oggi molte persone nella vita religiosa
e nei seminari abbiano dimenticato le lezioni apprese in passato. Quindi è molto importante
per la nostra formazione formare esseri umani sani che poi, con quella salute della loro
umanità, scoprano come Dio sta operando nella loro vita e come Dio li chiama a dare quei
doni alla Chiesa per servirla.
4. Come possono i consacrati testimoniare la dignità della persona e l’umanesimo cristiano nell’era dell’intelligenza artificiale.
Papa Leone XIV
Penso che questa sia una delle domande su cui dobbiamo davvero riflettere e cercare delle
risposte. L'intelligenza artificiale è ancora agli albori, qualunque cosa ciò significhi. E penso
che il mondo stia scoprendo sempre più sia il potenziale che alcuni dei rischi legati a ciò che è
e che può diventare l'intelligenza artificiale. Certamente un aspetto che ritengo importante è
che la dimensione umana deve essere primaria. Noi, come esseri umani, possiamo essere
aiutati dall'intelligenza artificiale. Ma c’è il rischio che gli esseri umani finiscano per servire
l'intelligenza artificiale e ritengo che questo sarebbe un grosso problema. La sfida è quella di
sviluppare in modo sano il dono che può essere l'intelligenza artificiale, ma anche di definire
quelle linee guida etiche che accompagneranno le persone che la utilizzano, in modo che non
sostituisca il ruolo che l'umanità deve svolgere per preservare il valore e la dignità della vita
umana.
5. In che modo gli istituti religiosi possono contribuire in modo specifico alla costruzione di relazioni di pace nella Chiesa e nel mondo?
Papa Leone XIV
Diventare veri costruttori di pace, credo, sia una grande sfida per la Chiesa e in modo
particolare per la vita religiosa. Per tutti voi che date testimonianza con la vostra vita e che,
attraverso l'insegnamento, la predicazione e altri ministeri, vivete i valori del Vangelo, credo
che oggi sia necessario promuovere quei metodi che ci aiutano a comprendere cosa sia la pace
e come arrivare alla pace autentica, il che spesso significa predicare un messaggio di giustizia.
Perché in molte parti del mondo dove oggi esistono conflitti, è proprio a causa delle ingiustizie
che esistono. E penso che il nostro ruolo abbia un elemento molto importante, è un elemento
molto importante in termini di costruzione della pace nelle nostre comunità, iniziando il più
delle volte a livello locale. Non è una cosa teorica. Alcuni possono scrivere splendidi trattati
sulla pace e pronunciare tante belle parole, ma ciò che conta è vivere la pace. Uno dei doni
che la vita religiosa può offrire, in termini di significato, è testimoniare che si può vivere
insieme e dimostrare che è possibile superare divisioni e differenze, e riunire le persone per
vivere una vita pacifica e armoniosa in particolare in quelle congregazioni o ordini che sono in
grado di riunire comunità internazionali composte da persone di culture, mentalità e lingue
diverse. Questa è un'espressione della nostra umanità, ma attraverso di essa si esprime la
presenza del divino tra noi. E questo può essere una grande testimonianza per il mondo di
oggi. Quindi penso che in questi modi specifici ognuna delle nostre comunità possa davvero
diventare un vero operatore di pace.
6. ntribuire in modo specifico alla costruzione di relazioni di pace nella Chiesa e nel mondo?
Papa Leone XIV
Il messaggio di speranza deve sempre iniziare e concludersi in Gesù Cristo. E non dobbiamo
aver paura di annunciare il Vangelo. La speranza non è ottimismo. Non sono la stessa cosa. Ci
possono essere persone che per carattere, per personalità, sono sempre molto ottimiste, ma
a volte l'ottimismo può anche essere qualcosa di superficiale. Scoprire la vera fonte della
speranza è qualcosa di molto diverso che deriva, dal dono della fede, da un rapporto profondo
con Gesù Cristo che porta ad annunciare con autenticità l’affidamento a Cristo anche in
situazioni molto difficili, molto dolorose, molto buie. Qualche giorno fa ho ascoltato una
persona che ha trascorso anni e anni della sua vita in carcere. E probabilmente trascorrerà il
resto della sua vita in carcere. Dice di aver vissuto una vera conversione proprio in carcere e
oggi si sente più pieno di speranza e più libero che mai nella sua vita. Questo perché ha
scoperto quella fonte di vita e di speranza che è Gesù Cristo. La nostra vita spirituale non può
essere superficiale e limitarsi a compiere alcuni atti, ma deve essere profondamente radicata
in Gesù Cristo, nel Vangelo, in un rapporto personale con Cristo: questo è forse il messaggio
migliore che possiamo trasmettere e che voi potete trasmettere di fronte a tutte le sfide e
tutte le difficoltà che abbiamo nel mondo di oggi.
7. In Medio Oriente, la vita religiosa è chiamata a essere un faro di speranza e un ponte di dialogo. Quale visione e quale priorità fondamentale indica Sua Santità alla vita consacrata per saper rinnovare la sua missione e la formazione di consacrati, capaci di un dialogo autentico con le altre confessioni cristiane e con l'Islam.
Papa Leone XIV
Il vero dialogo comincia con il dialogo tra di noi, che nasce dal dialogo personale di ciascuno
con Dio e per questo diventa capace di un vero dialogo con i confratelli con cui vive. A me
sempre fa pensare molto quando vedo un giovane sacerdote che decide di lasciare la
comunità religiosa per incardinarsi in una diocesi. Alla domanda perché lo fai risponde che
nella comunità sentiva una solitudine che non poteva sanare, superare, guarire. E così pensa
che la soluzione sia quella di andare in una diocesi e vivere in un altro stile. È vero che molte
volte anche nelle nostre comunità i membri dicono mi sento solo. Bisogna domandarci se nelle
nostre comunità veramente siamo soltanto funzionari che facciamo un lavoro (uno è
professore di matematica, l'altro fa questo o quello), perché non abbiamo veramente
imparato a formare una comunità di vita fraterna e di comunione. Quando le nostre comunità
sono veramente ben formate e i fratelli vivono in comunione d’amore, allora possono dare un
messaggio molto bello per gli altri, sia per il dialogo ecumenico che interreligioso. Ho avuto la
benedizione di conoscere la testimonianza di comunità cristiane in paesi dove la grande
maggioranza sono di un'altra religione e la comunità cristiana non è lì per fare proselitismo.
Sicuramente molti di voi avete vissuto questa esperienza. In questi contesti, la testimonianza
della comunità è il passo più importante per costruire ponti basati sul rispetto della dignità
degli altri, sulla disponibilità di ascoltare, di ricevere, di accompagnare e di camminare
insieme. Comunità che offrono sostegno per la salute, la scuola, l’educazione o altre forme di
carità e di accoglienza: la loro presenza e il loro servizio sono già una testimonianza molto
importante. È così che diviene possibile formare creare l'ambiente, la cultura del dialogo, del
rispetto della dignità che diventa già in sé stesso un passo molto avanti nella costruzione della
comunità umana in pace e in dialogo tra fratelli.
Presidente USG P. Arturo Sosa
Le siamo profondamente grati per il tempo che ci sta dedicando mentre dovrebbe preparare le valige per il viaggio in Turchia e Libano. Grazie mille per averci ricordato i punti essenziali dell'essere religiosi perché, se non li viviamo, qualsiasi cosa facciamo è inutile e non corrisponde a ciò che professiamo.
Papa Leone XIV
Allora preghiamo un momento insieme e chiediamo la benedizione del Signore per ognuno di voi. Grazie a voi anche per tutto il vostro servizio.